In tutti questi anni di frequentazioni manifatturiere la domanda che ho ricevuto più spesso, da amici, amiche e conoscenti, è stata: quale orologio mi consigli? Se alle signore preferisco non dare suggerimenti a causa di inevitabili inadeguatezze sessiste, per i maschi un vademcum è utile a evitare brutti colpi di sòle. Trovo dunque giovevole ispirare un approccio critico alla scelta, che sia virtuosa via di mezzo fra l’impennata emotiva e il pippone encefalico.
Due premesse necessarie. Precisiamo innanzitutto che l’orologio non va inteso come investimento, bensì come bene durevole. Per durevole intendo un bene che può preservare il proprio valore, se non commerciale, intrinseco. Il che non è poco. Diciamo poi che, contrariamente a quanto si creda, l’orologio non è un accessorio, come può essere un bow tie, una sciarpa o un portafogli; è un capo. Ovvero veste una parte del corpo che presenta misure specifiche e con la quale deve trovarsi in accordo.
Certo l’orologio ha una sua armonia, che dipende soltanto da criteri propri. Armonia funzionale, che concerne la consonanza fra fini e mezzi, la scelta dei materiali e delle funzioni in relazione alla destinazione; armonia formale, che attiene al rapporto fra forma/dimensione della cassa e forma/dimensione del calibro. Un diver professionale è progettato per solcare gli abissi sopra la muta subacquea, quindi saranno giustificate anche misure da mostro marino. Un dress watch dovrà scivolare con discrezione sotto il polsino della camicia, quindi è bene sia più piccolo e sottile dello sportivo Rolex che ci piace tanto.
Potremo osservare una cassa da 43.2 millimetri di diametro, apparentemente pletorica – come quella dell’IWC Portoghese Hand-Wound 8 Days – vestire perfettamente il calibro che la anima. Al contrario, vedere un più contenuto solotempo da 41mm, sembrare goffo bracalone se chiamato a vestire un movimento molto piccolo – come per esempio nel Girard-Perregaux 1966 Ultra Slim, dove il GP01800 misura 30 millimetri, motore che pure fu scelto perché più grande del precedente GP03300 da 26mm. Vi è poi la forma del calibro, che spesso non segue quella della cassa. Ci commuoviamo sempre un po’ quando possiamo ammirare attraverso il fondello un movimento che si incassa sartorialmente anche fra gli spigoli e le curve che lo abbracciano, come nei passati Gondolo Tourbillon 5101p di Patek Philippe e nel Tank Cartier Collection Privée à heures sautantes o goderne senza veli come nel recente e squisito Tank Cintrée scheletrato. Tuttavia, come anticipato, l’orologio vive in relazione al polso che lo porta. Per complessione e complexion. Il modello che sta bene al mio socio o alla mia fidanzata può stonare su di me e viceversa. Tenetene conto.
Tutto ciò chiarito, vi sono 5 momenti – le chiamerò Fasi in ossequio al nostro Premier – che suggerisco sempre di esplorare con scrupolo prima di cacciare moneta sonante. Quattro di queste sono insindacabilmente a vostro appannaggio – che voi siate esperti o meno – una richiede competenze specifiche. Vediamole insieme.
Fase 1: L’orologio deve piacere al primo sguardo. Il colpo di fulmine è essenziale. Si potrà imparare ad apprezzare un oggetto nel tempo, addirittura a prendercene cura per una vita intera, ma se non ci ha folgorato immediatamente, mancherà sempre qualcosa.

Fase 2: Una volta messi in luce tutti i magneti del nostro sguardo, scremare con la destinazione d’utilizzo. Che segnatempo mi serve? A cosa mi serve? Per solleticare la mia vanità o per stuzzicare l’interesse di qualche Vesper di passaggio? C’è chi dice che l’orologio faccia spesso la differenza fra le coccole e il petting, ma noi prendiamo convintamente le distanze da queste recensioni maschiliste. Più pragmatico ragionare per impiego. Se ho intenzione di indossarlo in occasione del mio incombente matrimonio, certamente eviterò un ruvido field watch; se lo strumento sarà costretto ad accompagnarmi nei boschi della Transilvania per una caccia alla beccaccia con i Kurzhaar, forse è il caso di scartare i dressy. Fighissimi Deepsea Rolex e Panerai Luminor Submersible se voglio raggiungere la Fossa delle Marianne o anche solo fare snorkeling a Poltu Quatu, ma se dovrò prendere i tempi sul giro quando corro in kart a Rozzano, saranno forse poco acconci.
Fase 3: Qualità oggettiva e blasone. Qui servirà un esperto, per valutare calibro, finiture, solidità costruttiva, prestigio del marchio. I suggerimenti dei trend – anche di quelli guidati dalla sedicente alta società – non sono sempre affidabili, a meno che non vi accontentiate di un acquisto “aspirazionale” ed “esibitivo”. Un orologio può essere bello, preciso, ben fatto e patrizio… contemporaneamente: approfittiamone!
Fase 4: A questo punto una cernita impositiva: il budget. Quanti soldi teniamo in saccoccia? Quanto siamo disposti realmente a mettere sul piatto? Inutile bussare alle vetrine Richard Mille se non abbiamo i soldi neppure per far ballare una scimmia (ogni riferimento alla squadra di Perpetual Passion è puramente voluto). Più dignitoso ammirare di sguincio, fingendo di leggere la targa dedicata al patriota Francesco Restelli.

Fase 5: Prova al polso. L’avanzata dell’e-commerce, degli acquisti online, presto colonizzerà anche i settori più tradizionali del lusso, come l’Alta orologeria. Futile aggrapparsi alla “cultura dell’attesa”, al “rito della boutique”, al “degustare l’acquisto”: chi compra oggi – e soprattutto chi comprerà domani – con la degustazione dell’acquisto ci si innaffia il pacco di Amazon. Ma grazie a Dio non saranno problemi nostri. Perché noi sappiamo che nulla chiarisce la correttezza di una scelta come vedersi la referenza al polso. Quando avrete, attraverso le prime 4 fasi, selezionato con acribia due e solo due orologi, indossateli, chiedete a vostra moglie di votare il suo preferito… e per esclusione troverete quello giusto.

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