In una calda giornata di fine estate in quel di Ginevra, ho avuto l’occasione di intervistare una delle più importanti personalità del settore, un professionista che ha rivoluzionato il mercato del collezionismo di orologi nonché profondamente innamorato del mondo delle lancette. Sto parlando di Aurel Bacs Senior Consultant Phillips in Association with Bacs & Russo.

E’ con grande piacere pubblicare su Perpetual Passion il risultato di una lunga chiacchierata con Aurel dove, tra un piacevole sorso di Chardonnay Svizzero e l’altro, lungo la Rive Gauche del Rodano, ci siamo intrattenuti a parlare della sua carriera e di tanti aspetti legati al mondo dell’orologeria.

Una chiacchierata schietta, sincera, tra appassionati, che ha arricchito e ampliato la mia visione del settore. Poche persone riescono a trasmettere in maniera così autentica la propria passione, ad avere una visione d’insieme nitida, a 360° gradi, e una conoscenza così vasta.

Aurel Bacs probabilmente si diventa, ma prima dovrete scalare l’Everest. Buona lettura…

MATTEO BEGA

Raccontaci di come hai iniziato ad interessarti di orologi da polso. E’ una tradizione di famiglia o hai sviluppato un interesse spontaneo verso questi oggetti?

AUREL BACS

Sicuramente attraverso mio padre, che adesso ha 87 anni. Lui è un architetto, ma più ingegnere, amante di tutto ciò che è meccanico: macchine, moto, treni elettrici e ovviamente orologi. Per lui l’orologio era sempre un oggetto magico, amava smontarli e riassemblarli.

Durante gli anni del quarzo non è più riuscito a godersi quell’aspetto meccanico e si dedicò al vintage, cominciando a cercarli in fiere, mercatini di antiquariato e alcuni negozi che avevano in stock orologi invenduti.

Io lo accompagnavo, anche perché avevo notato che lui comprava nei “flea market” uno Zenith a 50 franchi. Se lo godeva per un po’ di tempo e i suoi amici, anch’essi appassionati, vedevano quell’orologio e gli offrivano magari 80 franchi. Un business pazzesco ai miei occhi. 

Così invece di fare quello che noi giovani al liceo facevamo per guadagnare qualche franco, come lavare un cortile, un’auto, io presi il mio salvadanaio, lo ruppi, presi i miei 30,50 franchi e mi dissi “Adesso prendo anche io il mio orologio d’epoca per fare 10 o 20 franchi di guadagno!”

Da li ho scoperto che quel mondo era più complesso di quello che pensavo, perché spesso i movimenti erano incompleti, pieni di ruggine oppure non era nemmeno presente nella cassa. Ho comunque imparato dai miei errori, ma  sono caduto nella trappola e da quel momento ho scoperto di essere malato di orologi e questa malattia è cresciuta sempre di più.

MATTEO BEGA

E quale è stato il tuo primo orologio?

AUREL BACS

Probabilmente un Tissot, che sicuramente ho comprato a 5 franchi e l’ho venduto per 8, guadagno pari a un gelato.  Non molto tempo fa volevo ricomprare questo modello e lo trovai presso un importante commerciante, l’ho visto sulla sua scrivania ed ero li con mia moglie. Il commerciante non voleva vendermelo, assurdo perché era un orologio banalissimo, e mi disse che era riservato per un loro cliente.

In quel momento non mi accorsi che sotto al tavolo mia moglie Livia gli dava dei colpi perché lei sapeva che lo volevo, l’ha fermato dal vendermelo per poi regalarmelo insieme a nostra figlia – all’epoca 12 enne – come regalo di Natale per farmi una sorpresa. A oggi quel Tissot è un tesoro storico per me.

MATTEO BEGA

Raccontaci come è iniziata la tua carriera nelle case d’asta. Come sei entrato in questo mondo?

AUREL BACS

A 23 anni stavo finendo l’università di Giurisprudenza, pensando di diventare un giorno un famoso avvocato intento a fare una arringa meravigliosa, come un vero Perry Mason, per guadagnare tanti soldi e comprarmi gli orologi come hobby. Se non che 6 mesi prima degli ultimi esami, leggo su un giornale tedesco un annuncio di lavoro nel quale Sotheby’s cercava un esperto di orologi presso la sua sede di Ginevra.

E’ stata proprio mia madre a convincermi a candidarmi, io ero scettico. Mi disse: “Candidati, tanto tra 6 mesi avrai completato gli studi, ma puoi comunque provare e fare questa esperienza prima di entrare nel mondo del lavoro, e saprai finalmente com’è il mondo della grande orologeria”.

Ho fatto il mio CV dove mi hanno chiesto studi ed esperienze professionali. Era un curriculum di 12 righe sostanzialmente, non avevo esperienza. Tuttavia mi chiamarono e vollero incontrarmi. Era la prima volta che indossavo un abito aldilà dei matrimoni di familiari ecc. Andai al primo colloquio e a un secondo a Ginevra.

Mi misero davanti un vassoio con 20 orologi d’epoca che in due ore avrei dovuto valutare, descrivere la storia di ognuno, la sua importanza, e stilare un “condition report”, facendo attenzione perché alcuni di questi orologi erano “pasticciati” e avrei dovuto segnalarli. All’epoca non c’era internet dove poter consultare le informazioni dei vari orologi. Dovetti scrivere a mano 30 pagine, come un esame. 

Una mattina, a distanza di 6 mesi durante i quali mi vollero incontrare anche nella loro sede londinese, ricevetti la chiamata dal presidente della casa d’aste che mi disse: “Goodmorning, You have the job!” e voleva che cominciassi il Lunedì seguente. Io non lo volevo quel lavoro, non avevo neanche la convinzione di fare quella professione, dovevo finire gli studi per diventare avvocato. 

Così ho chiesto ad amici un parere e mi han detto che era una chance unica, al massimo avrei potuto lasciare e tornare in università il semestre successivo per laurearmi.Ho salutato i miei amici all’università e sono andato a Ginevra. 

MATTEO BEGA

Com’è stato l’esordio in un settore a te sino ad allora sconosciuto come quello delle aste?

AUREL BACS

Dopo due mesi odiavo quell’ambiente, i miei capi, i miei colleghi mi davano dell’incapace, dello scemo e del buono a nulla. Tutto questo è stato molto motivante e volevo dimostrare loro che si sbagliavano. 

Così quando loro andavano a casa a fine giornata alle sette di sera, io rimanevo in ufficio fino a mezzanotte per studiare, capire, preparare testi ancora più interessanti. Da lì c’è stata per me una vera e propria svolta e da 26 anni faccio questa professione. 

MATTEO BEGA

Quali fonti utilizzavi per documentarti?

AUREL BACS

Non c’era internet, di conseguenza l’unica fonte da consultare erano i vecchi cataloghi d’asta. Che io consiglio ancora oggi ai tanti giovani collezionisti: consultateli, ci sono ancora cose interessanti da leggere e scoprire scritte da qualche esperto anni fa. Ho imparato solo e unicamente con l’orologio in mano e con un esperto davanti a me che lo spiegava.

Oggi c’è una generazione di giovani esperti, che fanno già i commercianti, lavorano presso case d’asta o scrivono sui vari blog, che non sanno neanche com’è l’orologio dal vivo perché fanno una cosa molto analitica su internet ma non hanno il sapore dell’orologio o non hanno mai avuto un collezionista/cliente davanti a loro. E’ come imparare a cucinare con i tutorial su YouTube. L’orologio racconta una storia e noi dobbiamo saper leggere quella storia.

MATTEO BEGA

Cosa ami di questo lavoro a distanza di così tanti anni?

AUREL BACS

La cosa che mi fa alzare alle sei di mattina tutti i giorni dell’anno è pensare che ci sono ancora tanti orologi sconosciuti e storie che non sono state ancora raccontate. Ma anche persone ancora da incontrare, come te e me quest’oggi.

Gli orologi hanno una storia e io voglio conoscerla e raccontarla. Ti faccio un esempio, ci sono due orologi identici, uno è un semplice orologio, mentre l’altro è identico ma racconta una storia dal 1945 in poi. Io pagherei tutti i giorni un 10% in più solo per sapere dove è stato in tutti questi anni il suo proprietario.

MATTEO BEGA

Anche le incisioni sui fondelli hanno un certo fascino e raccontano in qualche modo una storia…

AUREL BACS

Adoro le incisioni. Una delle collezioni che farei in un’altra vita sarebbe fatta esclusivamente di orologi con dediche. L’orologio era sempre un oggetto di massima importanza nella vita di una persona. Un traguardo professionale, 10, 20, 30 anni di servizio presso una società. Affascinante..

MATTEO BEGA

Sei indiscutibilmente il miglior professionista nel settore, i risultati parlano chiaro, quale è il segreto del tuo successo?

AUREL BACS

Dalla selezione alla presentazione alle fotografie, ci sono io autentico dentro. Non un prodotto imballato secondo un libro di marketing, ma come presenterei io un orologio a casa in un piccolo gruppo di amici o in famiglia.

All’inizio della mia carriera rimasi scottato dal fatto che il dipartimento di orologi presso ogni casa d’asta internazionale, era considerato un reparto “sfigato”. Da sempre ogni casa d’asta aveva un quadro che era stato venduto a più del fatturato totale del dipartimento orologi.  Quando noi vendevamo 100 MLN sicuramente un solo quadro era stato venduto a 120MLN. Non ho mai capito perché.

Forse Picasso ha lavorato di più su un Dora Maar, di un orologiaio alla Patek Philippe per realizzare un calendario perpetuo? Rarità? Io credo che ci siano più Dora Maar di un Patek Philippe 1518 in acciaio. 

Perché non apprezziamo come opere d’arte gli orologi, come apprezziamo a livello economico un quadro importante, una Ferrari importante o un diamante importante? Per me era una missione. Portare l’orologio al livello di opere d’arte, che sono dentro ai musei o ai muri delle case più importanti al mondo. 

Volevo dimostrare che l’orologio merita di essere allo stesso livello.

MATTEO BEGA

E ci sei riuscito. Parlando con Auro Montanari, alias John Goldberger, lui stesso ha ritenuto che la tua asta “DAYTONA Lesson ONE” organizzata da te nel 2013 per Christie’s, sia stata fondamentale nel mercato del collezionismo..

AUREL BACS

Ringrazio Auro. Non me lo ha mai detto di persona e ne sono davvero onorato.

Sicuramente aggiungerei anche “Winning Icons”, quella del Rolex Daytona appartenuto a Paul Newman. Perché nel corso delle aste passate, i risultati conseguiti sono stati ottenuti grazie a un cerchio ristretto di appassionati, direi “NERD”, di orologi. Da quell’asta invece è cambiato tutto.

Ora quando c’è un’asta e quei 50 collezionisti di Daytona arrivano, pensando di comprare un orologio bello per 50/100K, vengono massacrati perché gli orologi raggiungono cifre più alte – 200/300K – grazie a nuovi appassionati al telefono o in sala. Non sono più gli unici e si sentono quasi rassegnati.

Nel caso del Daytona di Paul Newman, molti hanno scoperto sulle pagine del “New York Times” di questa asta e da li hanno iniziato a capire che forse vale la pena dare un occhio anche alle aste di orologi. Questi eventi sono catalizzatori per promuovere e far conoscere questo mondo. 

MATTEO BEGA

Parlando di icone affermate quali Nautilus, Royal Oak che sono di fatto entrate nella storia dell’orologeria, vedi all’orizzonte orologi in grado di diventarlo? Ad esempio l’OCTO Finissimo di Bulgari..

AUREL BACS

L’OCTO Finissimo è già un’icona, nonostante sia un orologio relativamente giovane. Questo dimostra che ancora oggi è possibile creare un orologio iconico a dispetto di quanto pensano molti appassionati secondo cui dopo il Reverso, il Portoghese non ci sia più un’altra icona all’orizzonte. 

Io sto sperando e incoraggiando tutti di provare e di osare. Ho infatti il più grande rispetto per Audemars Piguet, sia per la famiglia che per il CEO Francois-Henry Bennahmias, che hanno osato uscire dalla catene del Royal Oak facendo il CODE 11.59.  Non possiamo possiamo proporre sempre riedizioni vintage, che alla lunga diventano minestre riscaldate.

Chi osa corre il rischio di farsi criticare, ma fa qualcosa di davvero lodevole. 

Bisogna avere coraggio, indipendenza intellettuale, emozionale. 

Prendiamo François-Paul Journe l’ho conosciuto ancora prima che fondasse la sua maison, quando era un restauratore. Poi sono usciti i suoi orologi, per 20 anni sono stati criticati su vari aspetti, li trovavi sotto il prezzo di listino. Oggi vai in un negozio e non trovi un orologio né un Resonance, né un Chronometre blue… Cosa è successo? Chi si è svegliato? In realtà siamo noi che cambiamo la prospettiva.

MATTEO BEGA

Ci sono ancora orologi dal potenziale inespresso in campo collezionistico?

AUREL BACS

Ci sono ancora alcuni orologi che non sono stati apprezzati come meritano, la cui storia è già conosciuta ma per qualche motivo sono ancora trascurati. Ce ne sono tanti. Ad esempio, io penso a tutti i Pilot della IWC, marchio tra i più importanti fornitori di orologi per piloti coi vari Mark e il Pilot stesso.

Dopo la guerra hanno sviluppato l’Ingenieur 666, 866 poi l’SL disegnato da Gerald Genta. Dov’è la logica che un bellissimo Ingeniur in acciaio è ancora sotto i 20k? Immagine? Qualità? Non penso..

Nautilus, Royal Oak, il 222 di Vacheron sono orologi che ormai sono in una fascia di prezzo già alta. Cosa può comprare una persona con 20k? Il best deal credo sia l’IWC Ingenieur 1832 “Jumbo”…

Lo Speedmaster che su carta è più importante del Daytona per vari fattori: la Luna, il calibro “in house” ..Quando il Daytona ha iniziato a raggiungere con il double swiss underline 100/150K, le persone hanno iniziato a comprare il 2915/1, Broad Arrow, prima generazione e dali 40/60/80/100..

Prima o poi la gente arriva .. 

MATTEO BEGA

Come vedi lo sviluppo del mercato? Nonostante la pandemia i risultati conseguiti nelle aste internazionali e i prezzi degli orologi non sembrano risentirne..

AUREL BACS

Ammetto che ad Aprile/Maggio ho iniziato a tremare, perché eravamo tutti a casa segregati. A fine Giugno ero nervosissimo e invece abbiamo collezionato record dopo record. Ancora oggi non sono sicuro su quali siano stati gli elementi che hanno contribuito a tutto questo: se il fatto che fosse la prima asta post lockdown, per cui la gente era “affamata”, oppure che la gente si è resa conto che – visto che le borse sono crollate a Marzo – l’orologio possa dar loro un valore emozionale anche se su carta non vale più la stessa cifra. 

Dobbiamo sempre stare in allerta, soprattutto nei prossimi mesi a venire. Il mondo è sicuramente lontano da quella che chiamiamo stabilità, e può anche essere che in una situazione del genere qualcuno trovi stabilità e la riconosca in un bell’orologio, di ottima qualità.

I nostri smartphone sono uguali, facciamo fatica a capire quale è il mio o il tuo se non guardiamo lo schermo. Le t-shirt fatte da una ditta svedesi a 4,9Euro, sono tutte uguali. Dove siamo come individui? Ed è li che cerchiamo qualcosa di personale, con un sapore. Devo tenermi qualcosa dei bei vecchi tempi, qualcosa che sia in qualche modo unico.

MATTEO BEGA

In questi anni stiamo anche assistendo a un incremento esponenziale dei prezzi sugli orologi ancora in produzione. Cosa pensi di questo fenomeno? Veri appassionati lamentano inoltre l’impossibilità per loro di potersi comprare un “comune” Submariner, vista l’esigua distribuzione. Non c’è il rischio che la corda si spezzi?

AUREL BACS

A livello dei prezzi, anche se ho appena confessato che non mi da fastidio se i prezzi salgono, una salita troppo aggressiva sicuramente non mi piace. Preferirei avere una salita graduale, sostenibile, anziché crescite vertiginose. 

Bisogna considerare l’aspetto economico. Tutti i giorni spero che nessuno vada a comprare un orologio con l’idea di guadagnare il giorno dopo un 20% in più. Non ho ne voglia, ne interesse che speculatori comincino ad entrare nel mercato senza conoscere e amare l’orologio, è troppo “short term strategy”. 

Tuttavia va considerato il valore del denaro: cosa si compra oggi con 100k? Guardiamo la borsa e i triliardi di dollari e di euro messi in circolazione per sostenere l’economia. Non c’è più nulla da compare che corrisponda a quel prezzo.

Non è che i prezzi salgono, è il valore del denaro che è sceso. Dovremmo iniziare a parlare di inflazione.

Se 1’000 persone comprano orologi per passione, io so che mai mi troverò con 1’000 venditori sul mercato, perché ci tengono. Se su 1’000 persone che comprano orologi 999 sono investitori. L’investitore può svegliarsi una mattina e decidere di vendere perché ha bisogno di quei soldi, senza alcuna emozione.

MATTEO BEGA

Quindi intravedi un “rischio”…

AUREL BACS

C’è il rischio che la corda si spezzi. Ma se per ogni Nautilus e Daytona prodotto, ci sono 10 nuovi clienti che lo desiderano. Noi dovremmo cominciare a farci domande se fosse l’opposto.

Credo e spero che le grandi maison stanno osservando tutti i giorni la temperatura del mercato. Anche se credo che tante di queste manifatture non siano neanche in grado di produrne di più. Sanno bene che tipo di tesoro hanno tra le mani e non se lo lasceranno scappare. Sono ottimista.

MATTEO BEGA

Credi che anche il settore delle aste subirà dei cambiamenti? Si organizzeranno meno aste fisiche, magari solo per aste importanti, e più aste online?

AUREL BACS

Per conto nostro abbiamo organizzato due aste online e due volte abbiamo venduto il 100% dei lotti presenti. Ovviamente abbiamo messo in catalogo cose più commerciali e accessibili. So che alcune case d’asta non pensano nemmeno di organizzare aste fisiche in futuro. Anche i cataloghi stampati c’è il rischio che spariscano. Ognuno sceglierà che strada intraprendere.

Per me la cosa più preziosa è il contatto fisico con l’orologio e il rapporto personale con il collezionista. Non mi interessa diventare ricco come Jeff Bezos, vendendo orologi commerciali a tonnellate ogni giorno, su internet.

Preferisco fare aste meno remunerative ma che mi diano maggiori soddisfazioni dell’incontro, del tocco dell’orologio, della storia legata all’orologio.  Forse sto sbagliando, andando per la mia strada, ma questa è la mia religione, il mio credo.

MATTEO BEGA

Quali sono i progetti di Aurel Bacs e della Bacs & Russo?

AUREL BACS

Non ho mai fatto progetti. A 25 anni non pensavo nemmeno a cosa avrei fatto l’anno dopo. Ascoltando il mio cuore e guardando cosa mi piace e cosa mi manca, che di solito sono due cose che viaggiano in direzioni opposte. 

Il lavoro di un responsabile di una casa d’aste a livello mondiale voleva dire spostarsi in aero una settimana a New York, una a Hong Kong, una in Italia e il weekend al telefono. Sono fortunatamente riuscito a creare una bellissima squadra, di quasi una 30ina di professionisti che lavorano nel reparto orologi. Gente veramente in gamba, intelligente, appassionata, sensibile, tanto che non avrebbero nemmeno bisogno di me. 

Il problema è che mi piace troppo il mio lavoro, allora anche se volessero buttarmi fuori dalla porta io rimarrei attaccato alla maniglia pur di lavorare con loro. Fin quando io me la godo, continuo a fare quello che ho fatto per 25 anni. Mi sveglio la mattina e penso a cosa fare e cosa arriverà…